Aprire un buono fruttifero postale oggi sembra una scelta priva di sorprese, dato che viene spesso pubblicizzato come strumento di risparmio trasparente, sicuro e sostenuto dallo Stato. Tuttavia, è importante capire che ci sono dei costi nascosti e delle condizioni fiscali che possono incidere sul rendimento effettivo finale. Analizzare in dettaglio ogni voce di spesa, comprese quelle indirette, permette di stimare quanto realmente si paga per aprire e mantenere un buono postale oggi.
Costi diretti: apertura e gestione
Per quanto riguarda l’apertura di un buono fruttifero postale, Poste Italiane non applica commissioni di apertura né di gestione. Questo aspetto è uno dei punti di forza rispetto a molte altre forme di investimento disponibili sul mercato. Sia i buoni cartacei sia quelli dematerializzati possono essere sottoscritti senza alcun costo iniziale presso qualsiasi ufficio postale o tramite i canali digitali, associandoli a un libretto di risparmio o a un conto corrente postale.
Tuttavia, nel caso si scelga la versione cartacea, esistono delle attenzioni particolari da osservare, come la necessità di conservare il titolo, il rischio di smarrimento e l’eventuale prescrizione dopo dieci anni dalla scadenza. Nei buoni dematerializzati questi rischi sono eliminati, ma occorre comunque essere titolari di un conto o libretto associato, che potrebbe prevedere altre spese di gestione indirette.
Tassazione e imposta sostitutiva: cosa incide realmente sul rendimento
Il primo vero costo nascosto legato ai buoni postali riguarda la tassazione sugli interessi. La normativa vigente prevede una ritenuta fiscale del 12,50% sugli interessi maturati, un’aliquota particolarmente favorevole rispetto al 26% applicato su altri strumenti finanziari come conti deposito o obbligazioni bancarie. Ciò significa che, se rivendichi gli interessi maturati, una parte viene automaticamente trattenuta dal fisco prima di essere accreditata.
Un altro elemento imprescindibile è l’imposta di bollo, pari allo 0,20% annuo sul valore complessivo dei buoni posseduti e applicata alla fine di ogni anno solare o al momento del rimborso, ma solo se l’importo totale supera i 5.000 euro. Per importi inferiori a questa soglia, l’imposta non viene applicata. Questo dettaglio può influenzare significativamente il rendimento netto a seconda della durata e dell’importo investito.
Per i buoni cointestati o intestati a minori valgono gli stessi criteri di tassazione. Si sottolinea inoltre che i buoni fruttiferi postali sono esenti da imposta di successione, offrendo così un vantaggio ulteriore se considerati in un’ottica di pianificazione ereditaria.
Rendimento effettivo: attenzione alle condizioni e alle tempistiche di rimborso
I tassi di interesse dei buoni postali sono pubblicizzati in forma “lorda” e suddivisi per fasce temporali, ma il rendimento effettivo che si ottiene dipende molto da quando si decide di riscattare il titolo. Tradotto, i buoni fruttiferi postali offrono tassi crescenti solo se si mantiene l’investimento fino alle scadenze stabilite, come ad esempio:
- 2,50% dopo 1 anno e 6 mesi, fino a 5 anni
- 2,75% dopo 6 e 7 anni
- 3% dal 10° al 15° anno
- 4% dopo 16 anni
- 5% dopo 17 e 18 anni
Tuttavia, se riscatti anticipatamente, i rendimenti sono sensibilmente inferiori. Ad esempio, dopo 10 anni si ottiene un rendimento lordo medio inferiore al 2%, con un netto ancora piĂą basso sottraendo la tassazione. Questo significa che, salvo mantenere il buono fino alla scadenza naturale massima, i guadagni reali possono essere deludenti rispetto alle aspettative iniziali.
Inoltre, le condizioni di rendimento possono cambiare nel tempo per i nuovi buoni emessi, e il meccanismo di calcolo degli interessi è “a scaglioni”: per ogni periodo prefissato si applica il tasso relativo, e solo al termine di ogni scaglione si ha diritto a una maggiorazione effettiva. Sul sito di Poste Italiane è disponibile un calcolatore per stimare il valore netto che si riceverà alla scadenza, ma non sempre tiene conto di eventuali imposte di bollo residue o altre situazioni particolari.
Ulteriori costi e limiti poco evidenti
Oltre ai costi e alle imposte giĂ illustrati, esistono altri aspetti che possono trasformarsi in costi indiretti o opportunitĂ mancate. Ad esempio:
- Prescrizione: nei buoni cartacei, se non viene richiesto il rimborso entro dieci anni dalla scadenza, si perde completamente il diritto alla restituzione del capitale e degli interessi. Nella versione dematerializzata, i rischi di prescrizione sono ridotti dato che l’accredito avviene automaticamente sul conto associato (salvo disposizioni particolari).
- Dematerializzazione: passare dai buoni cartacei a quelli digitali richiede l’apertura di un libretto postale o di un conto (che potrebbero avere costi propri), rendendo la procedura più vincolante per chi desidera solo investire senza altri strumenti correlati.
- Liquidabilità anticipata: benché sia possibile riscattare i buoni prima della scadenza, l’accredito degli interessi maturati può essere limitato o addirittura nullo nei primi anni, a seconda della tipologia di buono sottoscritto.
- Rivalutazione fiscale: i buoni emessi in passato oppure specifici strumenti possono essere soggetti a regole particolari che influiscono retroattivamente sui rendimenti, come mostrato dalle diverse serie che hanno avuto condizioni modificate per via normativa.
Nessuna commissione viene applicata sul rimborso, ma bisogna presentare la richiesta presso Poste Italiane e fornire la documentazione necessaria, con tempistiche che possono variare in base alla modalitĂ di sottoscrizione e rimborso.
Un altro aspetto da considerare è che i buoni fruttiferi postali non sono soggetti a rischio di mercato e non sono influenzati dalle oscillazioni dei titoli azionari. Tuttavia, il potere d’acquisto reale, nel tempo, può essere eroso dall’inflazione, specie se i tassi riconosciuti sono bassi rispetto al livello di crescita dei prezzi al consumo.
Aspetti normativi e novitĂ recenti
La recente esclusione dei buoni postali e dei libretti dal calcolo ISEE (fino a 50mila euro) a partire da aprile 2025 rappresenta un piccolo vantaggio per molte famiglie, agevolando in alcuni casi l’accesso a bonus e detrazioni, ma non ha impatti diretti sui costi di apertura o di gestione. Rimane comunque fondamentale presentare una dichiarazione sostitutiva unica aggiornata per poter beneficiare del nuovo regime.
Dal punto di vista normativo, la disciplina che regola la tassazione (D.lgs. 239/1996) e l’applicazione dell’imposta di bollo si applicano a tutte le tipologie di buoni. L’orientamento di Poste Italiane negli ultimi anni è stato quello di favorire la dematerializzazione, rendendo la sottoscrizione più sicura e immediata ma spingendo i clienti all’attivazione di servizi aggiuntivi, spesso digitali, che possono comportare altre piccole spese accessorie.
Infine, i buoni postali, in quanto garantiti dallo Stato italiano, sono tra gli strumenti di risparmio più sicuri presenti sul mercato. Tuttavia, i potenziali investitori devono essere consci che al di là dell’apparente assenza di costi, il rendimento netto e la reale convenienza vanno sempre calcolati tenendo conto di imposte, condizioni temporali e possibili costi correlati all’apertura e alla gestione di strumenti accessori come il libretto postale.